Gente del Quindicesimo

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Trasporto oltralpe...le origini

In un assolato pomeriggio domenicale di giugno, dopo aver consumato un pasto leggero (l'età è quella che è) stavo facendo un rapido “giretto” sul sito dell'Associazione quando mi sono imbattuto in un articolo “trasporto oltralpe” del Magg. Minuti che narra di un trasporto con AB212 dal Gaslini di Genova a Losanna di un piccolo bisognoso dell'aiuto del 15°. Mi sono allora ricordato di un episodio simile che ora brevemente vi racconto.

 

onda10Correva l'Anno Domini 1984 giorno 13 del mese di gennaio. Il sottoscritto, in forza all'83° Centro SAR, era di allarme con l'allora Magg. Armando Paoletti in qualità di Copilota, i M.lli Lucarini e Mordini quali crew members, il M.llo Bellopede quale ARS ed il M.llo Arena infermiere del 5° Stormo, (sul copilota sono certo, sugli altri ho qualche dubbio, ma lasciatemi il conforto dell'età). Preallarme intorno alle 04.00 per trasporto di bambino affetto da neoplasia acuta da Campoformido a Graz. A Rimini era notte e nevicava, i bollettini di Campoformido e di Graz erano ignoti. Che si fa? Per un bimbo si fa tutto, almeno fin quando è possibile.

In piena notte decolliamo da Rimini inbound Campoformido, dove atterriamo alle 08,55 poco dopo le effemeridi locali. Lì ci accolgono con simpatia i colleghi dell'Aviazione Leggera dell'Esercito con i quali “contrattiamo” un caffè corretto riuscendo ad evitare le grappe generosamente offerte per iniziare la giornata! Il tempo continua a non promettere nulla di buono ed allora telefono al Comandante del 313° Gruppo AA (Pattuglia Acrobatica) l'allora TCol Giuseppe Bernardis, mio scelto in Accademia ed ora Signor Capo di Stato Maggiore dell'AM, chiedendogli se fosse stato possibile poter avere la cartina della procedura ILS su Graz, visto che la settimana precedente erano stati a tenere una manifestazione proprio su quell'aeroporto austriaco. Già, bisogna sapere (per i giovani del 15°che leggono) che allora eravamo ancora Askari in Aeronautica e che come tali i PIV con i dati relativi agli aeroporti europei, e spesso gli aggiornamenti Italia, erano pura illusione.

hh3fANel frattempo arriva il bimbo accompagnato dalla mamma: aveva circa 10 anni ed era chiuso in un cappotto beige con un cappellino con il paraorecchie che lasciava purtroppo scoperta sul collo tutta l'evidenza del suo male. Ero papà da tre anni e dissi a me stesso che comunque avrei dovuto portare a termine la missione, tralasciando così emotivamente tutte le precauzioni operative che debbono sempre essere alla base della pianificazione del volo.

Decollammo da Campoformido quasi un'ora dopo ed a bassissima quota raggiungemmo Rivolto dove sulla pista Pino Bernardis a bordo di una jeep venne incontro al nostro HH per consegnare le cartine della procedura ILS di Graz, stringendomi la mano ed augurando a tutti noi la buona riuscita della missione.

Siamo arrivati a Graz verso le 11 locali, grazie alla professionalità del mio equipaggio, tra neve, nubi, freddo, ghiaccio ed altro ed al parcheggio, abbracciando la mamma del nostro Ospite le dissi “ce l'abbiamo fatta!” Ingenuamente mi riferivo al volo non semplice che avevano appena concluso, ma lei rispose serena “Speriamo, la strada è ancora lunga”. Solo allora mi resi conto di quanto fossi stato piccolo a limitare la mia gioia al lato professionale, tralasciando le emozioni e le necessità di coloro che erano il motivo del nostro volo. Ho chiesto scusa augurando il bene più grande al bimbo ed alla mamma. Non ho saputo più nulla, spero ancora che quel nostro piccolo contributo sia servito ad un risultato ben più grande.

Il volo di ritorno l'abbiamo condotto con uno splendido sole, quasi a suggellare il buon fine della storia.

Mammaiut!

 

Maurizio Conti

Il mio secondo di quel giorno ha effettuato il suo ultimo decollo, lo voglio onorare e ricordare riproponendo la storia di quel volo

ASSUEFAZIONE?

di Mario Sorino

Aeroporto di Ciampino, sono a bordo di un HH3F predisposto per una missione addestrativa. Il mio secondo è Ferruccio Artioli, un pilota di provata esperienza proveniente dalla linea ad ala fissa (HU16).

Subito dopo il decollo sono intenzionato a simulare una piantata di motore, quindi a quota opportuna ridurrò un motore al minimo. Si decolla per pista 15. Siamo allineati. Ferruccio effettua un decollo dall’hovering portando il grosso pellicano in volo.

Effettuo i controlli post-decollo, mentre l’elicottero raggiunge i parametri della salita ottimale. Siamo ormai quasi a metà pista e ci siamo già “mangiati” 1100 dei 2200 metri della sua lunghezza. La quota e la velocità sono tali che Ferruccio potrà tranquillamente continuare il volo, effettuare il circuito e ripresentarsi all’atterraggio. Non c’è nemmeno bisogno di impostare la salita a gradini che, se pur efficace, è pur sempre una manovra impegnativa con le continue variazioni di assetto, quota e velocità necessarie per salire a quota di sicurezza. 

Tiro indietro uno degli “engine trim” percependo il caratteristico suono di un motore che scende di potenza, mentre gli aghi del torque si splittano.

 
hh3fatterraggio
Ferruccio reagisce immediatamente: “un motore piantato” “siamo ancora in pista e decido di atterrare immediatamente

Accidenti!!!! Questa non me l’aspettavo!

Resto in silenzio e non contraddico il pilota ai comandi. Mi sistemo meglio sul sedile, proteso in avanti a vedere la discesa impostata che è molto ripida. Una mano sugli speed selector, pronta a spingerli entrambi avanti se dovesse essere necessario ripristinare il volo e rinunciare all’atterraggio.

Accidenti quanto e ripida la manovra!! La quota diminuisce rapidamente mentre Ferruccio tira indietro il ciclico quasi fosse in sella ad un cavallo imbizzarrito che deve essere fermato con le redini. Del resto è l’unica manovra possibile per ridurre la quota e la velocità così repentinamente da poter restare in pista, altrimenti rischiamo di mettere le ruote su via dei laghi.

Ormai non manca molto al contatto quando mi accorgo che di fronte a me, sul cockpit, una luce lampeggia, Giro la testa verso il centro del pannello strumenti e corro con lo sguardo alla maniglia del carrello.

Lampeggia!!! E come se lampeggia!!! Il carrello è su!!! L’ho tirato su io dopo il decollo!!!

Una manata immediata e la butto giù. Il carrello si estende e le tre luci diventano verdi. Di lì a poco Ferruccio posa l’elicottero in pista. Manovra effettuata egregiamente ed emergenza simulata pienamente risolta.

Però il tutto non finisce lì. Bisogna riflettere sugli errori commessi, che potevano causare un brutto incidente.

Primo: mai dare per scontato che qualcosa accadrà come ce lo siamo prefigurato, bisogna essere preparati ad ogni evenienza e saperla affrontare di conseguenza.

Secondo: i controlli post emergenza vanno chiamati tutti e verificati. E fra questi c’è proprio il carrello che va posto “giù su terra e su su acqua”.

Terzo: come mai non abbiamo percepito il suono dell’allarme carrello? Ferruccio era concentrato nello svolgimento della manovra, io tutto teso e verificare che la manovra (decisamente al limite) fosse svolta alla perfezione, quindi i nostri sensi erano appannati dalla totale concentrazione su altri fattori e non abbiamo sentito la sirena dell’allarme carrello.

cockpitÈ vero, abbiamo commesso degli errori, ma questa di non percepire, in due, un suono d’allarme è difficile da spiegare.

Ci deve pur essere una spiegazione.

Pensando e ripensando sono riuscito a trovarne una sola, l’unica per me plausibile.

L’HH3F è un elicottero anfibio, predisposto non solo per atterrare, ma anche per ammarare.

E quando ammara il carrello è su!!!

È anche possibile escludere il suono dell’allarme carrello, ma comunque, anche se per pochi secondi, il suono diventa quasi “familiare” portando, se di ammaraggi se ne devono fare un bel po’ per addestramento, “all’assuefazione”.

P.S. La scena fu seguita da alcuni Capi Equipaggio che si stavano recando, in auto, al Circolo. Si bloccarono immediatamente per seguire lo svolgimento di quella strana traiettoria di un HH3F che scendeva vertiginosamente giù verso la pista, senza carrello. Tirarono un sospiro di sollievo quando videro uscire il carrello, ma anche loro ancora ricordano l’evento.

AFFETTI & EFFETTI
Seconda parte
di Antonio Toscano

É raro dappertutto, ma non al Quindicesimo.

Si deve saper cercare ed è difficile trovare, saperlo identificare, saperlo trattare.

É uno di quegli elementi per cui sembra che lo si trovi e poi invece si scopre che era qualcos’altro, parlo della stima, parlo dell’amicizia, parlo di qualcosa che per noi è fondamentale come l’aria che respiriamo, sempre più inquinata. Parlo di un qualcosa che nasce con noi stessi al momento del concepimento. Qualcosa che è insita nel nostro bagaglio genetico e che ci accompagna per la vita e forse oltre.

Caro Alfredo, sei volato via inaspettatamente, perché l’ultima volta che ci siamo visti eri in perfetta forma, così sempre elegante ed inappuntabile sotto tutti i punti di vista.

Al Quindicesimo noi ti abbiamo voluto sempre bene, ti abbiamo sentito vicino e partecipe al punto di condividere con noi molti dei nostri rischi quotidiani.

Hai di fatto scritto su di noi sul quotidiano dove hai lavorato per così lungo tempo (Alfredo Passarelli era cronista del quotidiano “Il Tempo”. NdR), hai fatto conoscere ad un pubblico spesso disattento che c’erano uomini che erano disposti a sacrifici riservati a pochi; hai scritto sull’opera dello Stormo e sul lavoro dei suoi uomini. Hai fatto tanto per noi modesti militari, come quel famoso articolo dove, al termine di una difficile missione di soccorso, l’ARS “bofonchiava” su una indennità che gli veniva negata nonostante una legge e che oggi viene, vivaddio, riconosciuta a tutti i nostri posteri.

Sei stato con noi e con noi abbattesti la recinzione di un campo sportivo, per permettere il sicuro decollo di un HH impiegato nel terremoto irpino dell’80.

Sei stato uno dei più prestigiosi soci di cui l’Associazione può vantarsi, un assiduo compagno dal quale abbiamo sempre avuto la sicura partecipazione.

Sono sicuro che nel novero delle tue innumerevoli esperienze, quella che hai vissuto con noi è stata la più vigorosa e genuina, così come mi dicesti la scorsa estate sulle rive del biondo Tevere. Sono sicuro che nel tuo cuore lo stemma del Quindicesimo è stampato col fuoco della passione, quella che travolge solo chi, come te, ha le semplici basi del sapersi riconoscere uomo tra gli uomini.

Uomo di nobile tempra, amico riservato, equilibrato e gentile, da questa lettera voglio farti sapere che sarai sempre con noi, nei nostri cuori, serbatoi di sangue e di passioni condivise.

Il nostro protocollo militare non ci consente di annoverarti fra i nostri “caduti” e quindi di onorarti come tale, ma noi ti onoreremo sempre come “amico”, nella forma che tu conosci benissimo, alzando il calice ogni qualvolta gridiamo il nostro:

MAMMAIUT

PER GRAZIA RICEVUTA, OVVERO LA NASCITA DEI “BEATI VOI”
di Antonio Toscano

Atto unico con appendice, a gentile richiesta.

Anno Domini 1972, 2 Gennaio, ore 08.00 circa, presso il famigerato Centro di Sopravvivenza ed Aerosoccorritori, Vigna di Valle.

Il Comandante T.Col. Papò chiama a rapporto tutto il personale che si riunisce nell’unica stanza riscaldata da una stufa a gas.

Tutti presenti e con l’attenzione rivolta alle parole che risuonano chiare e forti, come sempre:

“Ragazzi, vi ho riuniti perché servono due volontari per Trapani-Birgi; hanno bisogno di aprire il Servizio Soccorso di Base…siamo chiamati a dare il nostro contributo…

Attoniti, muti, e soprattutto sorpresi dalla richiesta, i presenti snocciolano una serie di motivi più o meno seri per giustificare l’indisponibilità.

“Antò – dice Mario Russo rivolto ad Antonio Vacca – mi sa che tocca a noi due”

Così, come da profezia, gli ultimi arrivati ricevono le istruzioni e l’equipaggiamento.

Partenza da Ciampino con HU.16 ore 09.00 del giorno successivo.

All’arrivo, vengono scaricati, letteralmente, al lato Nord della pista, con compressore, bombole, borse, “pietra pomice e fil di ferro”.

Lo specialista dice loro: “Aspettate qui che vi verranno a prendere”.

Passa più di un’ora e nessuno si fa vivo, per cui il più alto in grado decide di avviarsi verso il Comando e chiedere sul da farsi.

Al Comando un Sott.le anziano riferisce: “Non ne sappiamo nulla, ma forse è un’esigenza della cellula d’allarme…dovete andare in testata Sud, lato mare”.

Il Sommozzatore-Soccorritore, di fresca provenienza da una cura di disciplina e di autocontrollo, si rimette in cammino e chiede ad una macchina di passaggio di essere accompagnato e nel mentre chiede informazioni.

Viene condotto, per errore, presso una baracca di competenza della Marina Militare ed accolto con cortesia, ma non c’è traccia di tale esigenza:

Avamposto borbonico (fronte)“Ma guarda che forse è alla Palazzina Allarme, dove ci sono i "104".

Al fine giunge in tal posto, chiede di parlare con il responsabile della cellula che in quel momento era in turno: 4° Stormo.

“I Sommozzatori? Ma senta io non ne so nulla, ma ora mi informo…anzi a dire il vero aspettavamo un elicottero del soccorso…che io sappia.., ma mi lasci qualche minuto per chiedere…”

“Non c’è problema Comandante, vuol dire che ci facciamo venire a prendere di nuovo e ritorniamo da dove siamo venuti” rispose in perfetto militarese l’aitante Sommozzatore.

Dopo qualche minuto al paziente Mario Russo venne però mostrato un telegramma

“Credo di aver appurato…guardi sul tele c’è scritto testualmente…in sostituzione di AB.204 indisponibile, inviamo due sommozzatori-soccorritori che effettueranno il servizio di soccorso a bordo dell’elicottero AB.47/J…”

Chiarito l’arcano ai due viene assegnata una stanza nella palazzina allarme. Viene recuperato il secondo elemento, ancora in attesa dove era stato scaricato dall'HU16, ed il materiale e viene spiegato il funzionamento del servizio:

“Al suono della campana dello Scramble, quello di turno si reca di corsa all’elicottero che si trova sulla piazzola dell’altro hangar e da qual momento esegue le disposizioni del pilota dell’elicottero”.

Il Bell 47/J non era il massimo del desiderabile in fatto di potenza, per cui venne stabilito che alla missione partecipava il pilota ed il SMZ con a bordo il battellone pluriposto.

Quel velivolo aveva due galleggianti, uno però aveva una micro perdita, per cui non era molto consigliabile per una lunga permanenza in volo. Il pilota, un giovane Sottufficiale del 31° Elicotteri di Pratica di Mare, a dire il vero era un poco impreparato per tale evenienza e mostrava sempre forti dubbi sulla riuscita di una ipotetica missione di soccorso reale.

Il SMZ era combattuto tra il tener duro e chiamare il proprio Comandante per illustrare la situazione. Decise di tener duro ed ebbe ragione.

Dopo un mese di servizio presso la cellula del neo costituito Servizio il SMZ, ormai veterano, illustrò a voce al suo Comandante gli scadenti limiti di tale esigenza.

A quelli che gli succedettero nell’incarico disse chiare parole:

“A regà, li è Africa Addio, ma voi stateve accuort perché non c’è trippa pè gatti” scampanellando le mani unite con le dita rivolte al basso.

La storia vide un avvicendarsi di personale che, fatto tesoro degli avvertimenti, cercò di migliorare ed incentivare il servizio, con addestramenti mirati, carte nautiche e, soprattutto simulazioni di una reale esigenza. Anche se i rischi di essere lasciati soli in mezzo al mare era palesi ed innegabili, tutti confidarono non solo sulla buona stella, ma sulla voglia di dare all’esigenza una seria e reale considerazione.

Dobbiamo poi arrivare alla stagione 1982 per avere la costituzione dell’82° Centro del 15° Stormo.

Ma vi prego di fare con me un passo indietro, per conoscere ambiente ed atmosfera nel quale si operava in quegli anni.

Personalmente trovai ospitalità ed accoglienza al massimo, quando arrivai alla fine di Giugno del 72 con moglie, figlioletta e macchina stracarica. Facevo coppia con Fefè Morra, detto “ O’ Cinese”, con moglie incinta e gatto al traino.

Ci fu offerta la disponibilità della “Baracca Marina” per alloggio di servizio, che noi accettammo con visibile felicità.

Il “nostro” pilota era un certo Sergente Ugo Donati, dell’Aeroporto di Palermo Boccadifalco. Il sodalizio fu talmente intenso che successivamente tarammo i nostri turni per stare insieme nel periodo d’allarme.

Il “nostro” Ugo, rosso friulano DOP, erano anni che sostava sempre nel grado ed a chiunque chiedesse chiarimenti si sentiva rispondere con superficiale vaghezza; per cui mi chiese se avevo la possibilità di informarmi sullo stato delle cose.

Un mio carissimo compagno di corso, allora allo Stato Giuridico della DGPMA, chiarì il mistero: “il Sergente Pilota Ugo Donati risulta essere transitato alle linee civili”.

Fatta ammenda e chiarita la posizione, Ugo fu promosso con la velocità di un fulmine e gli vennero riconosciute tutte le spettanze nel frattempo maturate.

Ma non era il solo arcano trapanese. In quel periodo tormentato per il vicino medio oriente, le cronache riportavano sempre del pericolo “Fedayn” e, pertanto, si era con i nervi a fiori di pelle anche e soprattutto per i continui “Scramble”.

L’Aeroporto era in una landa desolata. All’ingresso un Aviere VAM azionava stancamente una sbarra scolorita; non c’era circolo e la mensa era una specie di tortura psicofisica; il Comandante era un Tenente dei Servizi che s’affannava con i suoi sottoposti nel dare corpo ad un qualcosa che somigliasse ad un Ente militare.

I veicoli erano scarsi e per lo più inefficienti, tanto che qualcuno sopperiva alle esigenze con la propria vettura.

Quando c’era lo Scramble tutti correvano a piedi per raggiungere i velivoli d’allarme non fidandosi dell’efficienza di quel vecchio pulmino sfiatato; oltretutto per raggiungere le piazzole il pulmino era obbligato al famigerato “giro di Peppe intorno alla reale”.

Una calda notte di settembre ’73, per lenire il caldo, il personale della cellula passeggiava in gruppo sui raccordi raccontando episodi, scherzi, barzellette, aspettando che il fresco vento del mare attenuasse il caldo e permettesse il sonno.

Io ed Ugo con un anziano specialista palermitano “Zu’ Filippo Magistro”, seguivamo lo schema.

Nel buio e nel silenzio della notte, erano circa le 23.00, s’udì uno sparo e poi un altro ancora. Dopo una voce che gridava, s’udì distintamente l’aviere VAM a guardia dei velivoli, tracciare una serie di raffiche di mitra.

Una voce si levò alta: “…e fedayn”, in perfetta cadenza partenopea.

Una corsa a perdifiato verso la palazzina d’allarme, mentre altri spari risuonavano nella notte.

Tutti barricati; il Capo Cellula s’affannava al telefono, mentre il rosso Ugo, sfoderava la sua doppietta da caccia.

Dopo un intervallo di tempo lungo come la quaresima, arrivò un Appuntato CC con la sua bici, sudatissimo, ma nei Secoli Fedele.

“Vedete che è una fesseria. Qualche cacciatore di frodo” affermò fra le risate e l’incredulità del personale. Anziano, con qualche chilo di troppo, sudato e con un dente che faceva bella mostra nella parte inferiore della bocca, il CC non si perse d’animo ed annunciò:

“State tutti tranquilli, che vado in avanscoperta” lasciandoci sbigottiti per il coraggio e la dedizione al servizio, allontanandosi nel buio più totale con bandoliera e bicicletta a mano.

La notte fu insonne, ma la sera dopo il malcapitato cacciatore di frodo venne bloccato e caricato su di un furgone che lo condusse nella caserma. Chiarito anche questo mistero.

Lo Scamble era un momento di grande eccitazione, piloti che correvano verso i velivoli, personale specialista che s’affannava nell’unica macchina a disposizione, carrelloni che veniva avviati, motori che facevano tremare le baracche.

L’elicottero restava a terra ma con il rotore in moto, il personale pronto ad ogni evenienza.

Terminata l’esigenza si aspettava intrepidi il ritorno dei caccia i quali, per concludere, facevano sempre un passaggio basso sulla palazzina allarme con i motori che urlavano al massimo.

Era vera Aeronautica, quella avventurosa, quella che sfidava l’imprevisto, quella che accorreva felice al rientro dei propri velivoli ad ascoltare l’esito della missione.

Si formava così un connubio di grande solidarietà, si conoscevano realtà delle quali si era solo sentito parlare. I piloti dei caccia erano sempre accorti ed incoraggiavano sempre l’addestramento del piccolo servizio di soccorso, informandosi e scambiando con noi informazioni, preparazione e rispettive professionalità. Nacque da questo “stare insieme” la voglia di un servizio professionalmente più adeguato.

Un pilota in particolare stava sempre con i SMZ a tal punto da sentire la voglia di provare l’esperienza subacquea: Giovanni Ballestra, sulla cui combinazione da volo spiccava una scimitarra ricurva, emblema del 53° di Cameri.

Si innamorò a tal punto, da buon ligure, da appassionarsi al mondo subacqueo.

Purtroppo non c’è più, cadde in volo, ma di lui si rammentano spesso i SMZ di allora, come una persona che ha avuto da noi, qualcosa di cui ancora oggi siamo innamorati.

Andavamo spesso insieme, nei periodi in cui si era di turno a Trapani, a catturare qualche polpo davanti alla spiaggia di Salina Grande; con lui uscivamo volentieri la sera a mangiare una pizza da Pipitone o per cenare dallo “Zu Ciccio” presso una avventurosa baracca sul litorale.

Il resto poi è storia. Il 15° Stormo ebbe il suo Centro a Trapani, con personale altamente qualificato ed HH; oggi è la punta della lancia del soccorso aereo, specie per i velivoli militari che volano di giorno e di notte per assicurare la Difesa Aerea al nostro Paese in quel tratto di cielo e di mare. A Trapani l’addestramento del personale adibito al servizio è oggi sempre puntuale e preciso, per garantire a chi garantisce lo stato d’animo adeguato al compito professionale. L’amico Baldassarre “Rino” Ciotta, sommozzatore della rigorosa scuola di Marcante, fu il primo Capo Nucleo Aerosoccorritori; piccolo ma compatto e soprattutto indimenticabile compagno di mille immersioni , siculo di acciaio inossidabile.

L’82° di Trapani ha avuto nel proprio organico fior fiore di piloti, eccellenti specialisti e, mi consentano, ARS che si sono distinti per iniziative, coraggio e capacità professionali. Il senso del dovere di quel Centro, nato “per grazia ricevuta”, è uno dei perni inossidabili del 15° Stormo, anche se per molti ha rappresentato “il confino”, goliardicamente inteso.

Quando il personale dell’82° passava per Ciampino, risuonava spesso il grido di “Beati Voi”, invidiando tutti il sole ed il mare di cui è capace quel “suol d’amore”.

Un abbraccio a tutto l’82°, dedicando questa piccola memoria al mio caro Felicissimo ed all’amico Sinatra, che ebbero a richiederla la sera del 16 Dicembre scorso, durante la cena augurale di fine anno, tra un collegamento VTC ed altro.

A “Gigino” storico Comandante con annessa colubrina borbonica, uno dei beati.

A quanti che, con la loro “voglia d’azzurro” stampata nel cuore, hanno saputo costruire quella sede di indubbia professionalità, un punto di riferimento, un valore che aumenta col tempo in modo esponenziale.

Mammaiut

AFFETTI & EFFETTI
 di Antonio Toscano

Il 15° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana ha una storia lunga che chiunque può leggere su apposite pagine ufficiali del sito web.

Vi sono segnate le tappe, i meriti, le sedi, l’organizzazione e la missione istituzionale via via affidata al Reparto.

Ciò che non vi è scritto, ciò che il visitatore del web non conosce, sono i modi e le caratteristiche di vita del Reparto e dei suoi uomini. Sarebbe bello se noi potessimo comunicare alla società civile, come ed in che modo si vive, si cresce; quali siano stati i Comandanti è una nota ufficiale che credo interessi poco ad un pubblico che vuole conoscere la vita, la fisiologia di come opera una comunità di uomini e di macchine; è come mettere solo il nome dell’editore su di un libro.

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