Gente del Quindicesimo

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AFFETTI & EFFETTI
Seconda parte
di Antonio Toscano

É raro dappertutto, ma non al Quindicesimo.

Si deve saper cercare ed è difficile trovare, saperlo identificare, saperlo trattare.

É uno di quegli elementi per cui sembra che lo si trovi e poi invece si scopre che era qualcos’altro, parlo della stima, parlo dell’amicizia, parlo di qualcosa che per noi è fondamentale come l’aria che respiriamo, sempre più inquinata. Parlo di un qualcosa che nasce con noi stessi al momento del concepimento. Qualcosa che è insita nel nostro bagaglio genetico e che ci accompagna per la vita e forse oltre.

Caro Alfredo, sei volato via inaspettatamente, perché l’ultima volta che ci siamo visti eri in perfetta forma, così sempre elegante ed inappuntabile sotto tutti i punti di vista.

Al Quindicesimo noi ti abbiamo voluto sempre bene, ti abbiamo sentito vicino e partecipe al punto di condividere con noi molti dei nostri rischi quotidiani.

Hai di fatto scritto su di noi sul quotidiano dove hai lavorato per così lungo tempo (Alfredo Passarelli era cronista del quotidiano “Il Tempo”. NdR), hai fatto conoscere ad un pubblico spesso disattento che c’erano uomini che erano disposti a sacrifici riservati a pochi; hai scritto sull’opera dello Stormo e sul lavoro dei suoi uomini. Hai fatto tanto per noi modesti militari, come quel famoso articolo dove, al termine di una difficile missione di soccorso, l’ARS “bofonchiava” su una indennità che gli veniva negata nonostante una legge e che oggi viene, vivaddio, riconosciuta a tutti i nostri posteri.

Sei stato con noi e con noi abbattesti la recinzione di un campo sportivo, per permettere il sicuro decollo di un HH impiegato nel terremoto irpino dell’80.

Sei stato uno dei più prestigiosi soci di cui l’Associazione può vantarsi, un assiduo compagno dal quale abbiamo sempre avuto la sicura partecipazione.

Sono sicuro che nel novero delle tue innumerevoli esperienze, quella che hai vissuto con noi è stata la più vigorosa e genuina, così come mi dicesti la scorsa estate sulle rive del biondo Tevere. Sono sicuro che nel tuo cuore lo stemma del Quindicesimo è stampato col fuoco della passione, quella che travolge solo chi, come te, ha le semplici basi del sapersi riconoscere uomo tra gli uomini.

Uomo di nobile tempra, amico riservato, equilibrato e gentile, da questa lettera voglio farti sapere che sarai sempre con noi, nei nostri cuori, serbatoi di sangue e di passioni condivise.

Il nostro protocollo militare non ci consente di annoverarti fra i nostri “caduti” e quindi di onorarti come tale, ma noi ti onoreremo sempre come “amico”, nella forma che tu conosci benissimo, alzando il calice ogni qualvolta gridiamo il nostro:

MAMMAIUT

AFFETTI & EFFETTI
 di Antonio Toscano

Il 15° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana ha una storia lunga che chiunque può leggere su apposite pagine ufficiali del sito web.

Vi sono segnate le tappe, i meriti, le sedi, l’organizzazione e la missione istituzionale via via affidata al Reparto.

Ciò che non vi è scritto, ciò che il visitatore del web non conosce, sono i modi e le caratteristiche di vita del Reparto e dei suoi uomini. Sarebbe bello se noi potessimo comunicare alla società civile, come ed in che modo si vive, si cresce; quali siano stati i Comandanti è una nota ufficiale che credo interessi poco ad un pubblico che vuole conoscere la vita, la fisiologia di come opera una comunità di uomini e di macchine; è come mettere solo il nome dell’editore su di un libro.

Leggi tutto: Affetti & effetti

Inversione termica
di Mario Sorino
 

La parte più difficile dell’intervento per il terremoto dell’Irpinia è fortunatamente passata. La prima settimana è stata veramente infernale. Pioggia ovunque e scarsa visibilità. Tanto scarsa che ci mancava pagassimo il pedaggio autostradale. Si, perché l’unica strada per andare ad Avellino, e poi sfociare nella valle del terremoto, era quella di seguire l’autostrada Napoli-Bari, guardando verso il basso piuttosto che avanti. Abbiamo sempre volato con le luci accese nella speranza di offrire ogni possibilità di essere visibili agli altri. La paura della collisione era veramente palpabile. Oggi, invece, la giornata è decisamente bella, con ottima visibilità.

MondaleDobbiamo seguire l’elicottero su cui si imbarcherà il Vice Presidente degli Stati Uniti, Walter Frederick Mondale, imbarcando la sua scorta ed un po’ di giornalisti. La destinazione è Sant’Angelo dei Lombardi, decollando da Capodichino.

Atterreremo a circa 2400 ft, nella zona predisposta al fianco dell’Ospedale, terribilmente distrutto dalla scossa del 23 novembre.

Con Ottavio Di Lorenzo, il Capo Equipaggio, compiliamo la TOLD per calcolare le prestazioni dell’HH3F. Abbiamo molto carico, 13 passeggeri, e dobbiamo atterrare, e quindi ridecollare, da 2400 ft di quota. Il volo sarà di breve durata, vista la distanza fra Capodichino e Sant’Angelo dei Lombardi. Stimiamo circa un’ora di volo in totale, quindi possiamo imbarcare poco carburante in considerazione dell’enorme peso da trasportare, 3200 libbre fra passeggeri e tre membri d’equipaggio.

Sono le 9 di mattina, decolliamo e dirigiamo verso l’Irpinia. Mi godo il panorama, anche se si tratta per lo più di zone piatte ed industriali, ma è sempre meglio di quello che incontreremo dopo Avellino. Da lì in poi ci sono solo macerie. Fa uno strano effetto sorvolarle. Non è come quando le vedi in televisione, passarci sopra ti mette a stretto contatto con l’enormità della disgrazia che ha coinvolto un’area così grande. Ricordo ancora la terrificante immagine del primo volo. Fu su Conza della Campania, l’epicentro del terremoto. Un paesino costruito sul cucuzzolo di una collina e totalmente distrutto. Mi diede l’impressione del castello di carte buttato giù da una mano crudele.

Ritorno al mio volo. Giungiamo a Sant’Angelo dei Lombardi ed individuiamo subito la zona dell’atterraggio, del resto ci siamo già stati altre volte. La piazzola non presenta ostacoli nelle vicinanze, è posta più in alto rispetto alle abitazioni che la circondano. Ottavio imposta l’avvicinamento lasciando in coda sulla destra l’ospedale e di fronte a noi ciò che resta del paese. Tocchiamo il suolo, arrestiamo il rotore, spegniamo i motori e facciamo scendere i passeggeri. Dovremo restare fermi circa un’ora e trenta, per cui ci sistemiamo comodi ed incominciamo a fumare per ingannare il tempo. Siamo fermi da circa 30’ quando arriva la notizia di un cambiamento di programma. Walter Frederick Mondale ha partecipato, durante la II Guerra Mondiale, alla campagna d’Italia ed il 9 settembre 1943 faceva parte delle truppe che presero parte all’Operazione Avalange, lo storico sbarco a Salerno, quindi desidera sorvolare quella zona, che per la precisione era la spiaggia di Paestum, ossia circa 15 NM a Sud di Salerno!

In sostanza se non rimbocchiamo con un po’ di carburante non ce la facciamo a fare il giro richiesto. Facciamo una botta di conti e decidiamo di aggiungere 400 libbre di carburante. Per fortuna nei pressi della piazzola sosta una nostra autobotte, quindi il problema del rifornimento è risolto.

Sono quasi le 11.00 quando ha termine la visita e la delegazione rientra agli elicotteri, il sole è ben alto sull’orizzonte. Mondale si imbarca sull’SH3D del 31° Stormo, che decolla e dirige verso Paestum.

Ora tocca a noi decollare. Abbiamo imbarcato tutti i passeggeri, che sono sistemati e legati. Motori in moto, rotore ingaggiato ci predisponiamo per il decollo. Ottavio mette in hovering l’elicottero, mentre io ho la mano destra sugli speed selector spinti tutti avanti.

Stabilizzato l’elicottero in hovering, Ottavio sposta in avanti il ciclico, per far avanzare l’elicottero, e contemporaneamente applica potenza con il collettivo, portando il torque al 110% di coppia applicata.

Il grosso elicottero lentamente inizia a muoversi in avanti accennando ad un appena percettibile incremento di quota, però appena esce dalla piazzola e perde l’effetto suolo sprofonda immediatamente.

Adesso siamo alla stessa quota degli ostacoli, rappresentati dai resti delle case!!

Di fronte a noi si profila una casa, ad una distanza di circa 100 metri!!

Lascio immediatamente gli speed selector e do una manata alla leva del carrello. Bisogna farlo rientrare subito perché è una propaggine che si estende pericolosamente sotto la nostra pancia.

Già mi prefiguro la dinamica dell’impatto con la costruzione che si profila innanzi a noi!!!!

Poi, con una lentezza indescrivibile, l’elicottero acquista velocità e con essa aumenta la quota. Sembra quasi che il grosso pellicano galleggi oscillando a destra e a manca e così facendo guadagna un metro di quota dopo l’altro. Quando ci approssimiamo all’ostacolo siamo saliti a quota di sicurezza e, anche grazie ad una decisa “sfettonata” verso destra di Ottavio, sorvoliamo i resti della costruzione a pochi metri d’altezza, ma quanto basta per uscire finalmente dall’apnea che ci aveva bloccato il respiro.

Do un pizzicotto così violento alla guancia di Ottavio, mentre gli urlo “bravo”, che quasi gliela stacco. Ottavio, teso né più e né meno come me, si rivolge verso di me urlandomi “e cos’altro dovevo fare?” Sono frasi e parole dettate esclusivamente dallo scarico della tensione, che è stata altissima.

Ormai la condotta del volo è stata ripristinata nella sua massima tranquillità. Continuiamo il giro, seguendo l’elicottero che trasporta Mondale e ci godiamo la vista dei meravigliosi templi di Paestum.

Poi l’arrivo e Capodichino e, con lo sbarco dei passeggeri, il termine della missione.

Ma ovviamente la missione non può terminare con l’arresto del rotore e dei motori.

C’è da analizzare l’accaduto per far tesoro dell’esperienza e trasferirla anche agli altri piloti.

La mattina, prima del decollo, avevamo effettuato i calcoli sulla base dei dati standard. Nota la temperatura a Capodichino, quella a Sant’Angelo dei Lombardi sarebbe stata di 5°C inferiore (visto che la stessa decresce di 2°C per ogni 1000 ft di quota). Questo era risultato l’errore principale per due motivi: il primo è che in quel giorno (appurato presso l’Ufficio meteo) si era verificata una inversione termica, ossia con l’aumentare della quota non c’era una diminuzione della temperatura, bensì un aumento; il secondo che il decollo da Sant’Angelo dei Lombardi alle ore 11.00, in una giornata particolarmente soleggiata, aveva portato ad un ulteriore, anche se contenuto, aumento della temperatura.

In buona sostanza la temperatura dell’aria al momento del decollo da Sant’Angelo dei Lombardi era superiore a quella che avevamo stimato. Ciò aveva portato ad una riduzione della potenza disponibile rispetto a quella necessaria ad impostare un corretto decollo. E ciò ci aveva ingannato al punto di ritenere accettabile rifornire di ulteriori 400 libbre di carburante per seguire le modifiche apportate al volo pre-pianificato, appesantendo così l’elicottero già di per se carico in ragione del sostanzioso numero di passeggeri trasportati. Inoltre fra questi spiccavano le guardie del corpo del Vice Presidente che, con la loro considerevole stazza, erano ben al di sopra delle 200 libbre standard calcolate per ogni passeggero.

Ripensando all’evento mi venne in mente che un’analoga circostanza si era verificata nel decollo da una piazzola (credo durante il terremoto del Friuli) per un elicottero bipala (AB204 oppure AB205). In quel caso l’elicottero aveva perso l’effetto suolo ed era sprofondato prima ancor che tutto uscisse dalla piazzola, con il risultato che la coda aveva impattato la piazzola stessa provocando uno spaventoso incidente. Noi abbiamo avuto la fortuna, come si dice in gergo, “di poterla raccontare” i nostri sfortunati colleghi no!

 

 

 MISSIONE PER SOLI ARS

Di Antonio Toscano

  

Il terremoto dell’Irpinia del novembre 80 mi colse in pieno.

Era domenica sera e mi preparavo a tornare a Roma, dopo aver fatto la visita periodica alla mia immortale nonna (maestra di vita, polpette e ragù con ricetta ottocentesca classica). In macchina c’era già mia figlia quando mi chiesero di portare a casa di una mia zia un pacchetto; una piccola commissione.

Era improvvisamente salita la temperatura e tolsi la giacca posandola sulle gambe di mia figlia; uscendo dal cancello di casa, vidi un gatto con in bocca in gattino piccolo che velocemente si arrampicava su di un albero e commentai con mia figlia: guarda quella gatta cosa sta facendo…

 

terremoto-irpinia_1290443069In strada, dopo alcuni secondi, si scatenò il putiferio; lampioni che oscillavano, un boato ed una luce accecante come un lampo passò all’altezza del Vesuvio, tutto tremava ed oscillava ed io non riuscivo a tenere forma la macchina, mentre molti cornicioni di vecchie case venivano giù con uno schiocco raccapricciante.

L’immaginazione corse ad un attacco, al lancio di bombe, ma subito dopo, vedendo la gente che correva fuori dalle case, sussurrai come in trance: il terremoto!!!

Tralascio il seguito, ma tornato a casa di mia nonna, cercai di telefonare allo Stormo, impossibile; così chiamai i miei genitori che erano a Roma: come sopra.

Passammo la notte all’aperto, con la nonna ed i miei figli che dormivano in macchina. Al mattino presi la decisione e trasportai tutti a casa mia a Roma.

Mi misi al telefono e chiamai la sala operativa: “corri subito qui” fu la risposta.

Presi un caffè veloce ed una fetta di torta della nonna e mia moglie mi portò in aeroporto.

La sala operativa era nel pieno della bufera, telefoni che squillavano in continuazione, nessuno aveva dormito, come me del resto.

hh3f irpinia-1Tutti a Capodichino, ordinò il Comandante di Stormo e così il Quindicesimo, tutto, si trasferì per costituire, da lì, il cuore del sistema di soccorso alle popolazioni colpite.

Cominciammo col montare delle tende in uno spazio al lato sud del campo, dove fu il primo caposaldo e trovammo non poche difficoltà, perché chi non ha un minimo di esperienza, si trova a combattere spiegazioni scritte su di un foglio incomprensibili e difficili da seguire, fili, paletti, buchi, piantina, primo strato, secondo, e così via.

Alla fine esausti e frustrati, fattosi buio totale, andammo in mensa.

Il caos più totale; ci portarono un “brodino” dove galleggiava qualcosa…

Chiedemmo di uscire per procurarci il necessario in maniera autoctona ed alla fine ottenemmo il permesso dal Comandante di Stormo.

Tutto chiuso, tutto fermo, immobile, inusuale per una città schizofrenica come Napoli.

Ma noi avevamo, come si dice, il piano B, ovvero conoscevano il territorio e tramite l’indigeno locale, il solito Mario Russo che era di casa, riuscimmo nel nostro intento.

distruzUn locale chiuso a tutti e soli per noi del Quindicesimo; “Peppino al Bravo” si trasformò subito come il nostro punto chiave, la base organolettica dalla quale partire; si sa senza carburante la macchina si ferma: “il brodino!!!???”

La nostra spia all’Avana procurò sostentamento primario a tutto lo Stormo; tutte le sere, finito il nostro contributo, piloti, specialisti ed ARS si riunivano in quella taverna obbrobriosa e si gratificavano con “salsicce e friarielli”.

Avevamo anche il tempo per combinare scherzi da infarto, come quello che l’isolano corto (Gianni Cuccu al secolo) organizzò per un certo specialista (Forconi Mario, detto il giovane) che ci aveva raggiunti con la sua nuova Golf fiammante: finse il furto dell’auto, con il tapino che era sbiancato e già semisvenuto dalla paura.

Al mattino, il Comandane di Stormo ci comunicò che aveva bisogno del nostro lavoro a Conza della Campania, dove era ad aspettarci il Dottor Bizzarri con la colonna medica di soccorso.

“Andrete li e vi metterete a disposizione del Medico, cercate di organizzare un punto di appoggio per gli elicotteri, magari uno spazio in un prato dove poter atterrare; portatevi delle razioni di emergenza, una tenda dove dormire, delle coperte e poi vediamo in corso d’opera”. Non serviva altro.

L’elicottero ci posò in un cantiere dal quale raggiungemmo la colonna sanitaria; Bizzari era già sull’orlo del collasso nervoso: “stanotte mi hanno rubato il cuscino su cui dormivo”. Eravamo solo in quattro e per quello che ci chiedeva il Dott. Bizzarri avremmo dovuti essere in “ottentotto”; organizzare un magazzino, montare delle tende, sorvegliare il campo, individuare ed organizzare una piazzola per gli elicotteri, magari con un collegamento radio.

Chiedemmo rinforzi e materiale: arrivò tutto con un pulmino che dovette affrontare un viaggio intorno al mondo; 8 ARS nel cuore del terremoto.

Mangiavano quel che passava il convento, da una vecchia cucina che l’EI aveva montato nelle vicinanze del campo e dove si faceva l’impossibile per sfamare tutti quelli che chiedevano aiuto.

hh3f irpinia-2Il campo fu organizzato con un ingresso, un parcheggio macchine militari, la tenda ARS di produzione svedese con una stufetta al centro per cercare di contrastare il freddo che si faceva sempre più intenso. Il magazzino fu organizzato presso il rudere della stazione di Conza sotto la cura e la giurisdizione di un ARS che assunse le sembianze di un vero Cerbero; al campo un altoparlante da dove Bizzarri augurava a tutta la popolazione il buongiorno dell’Aeronautica Militare Italiana, tutte le sante mattine. Una sera trasportammo a spalla carburante per un elicottero che era rimasto a secco!! All’interno del cantiere, con una macchina schiacciasassi organizzammo il punto di atterraggio, con alle comunicazioni un ARS sulla frequenza HF 2828.

Individuammo una squadra di ragazzi venuti da Roma che era particolarmente esperta per il montaggio delle tende; ragazzi che avevano esperienza di campeggio, un nucleo di giovani esploratori che utilizzammo con frequenza e proficuamente.

Erano anche mobilitati gli elicotteri AB204 della Scuola di Frosinone che facevano la spola tra la nostra piazzola e le case isolate in montagna, portando viveri, vestiario e soprattutto tende per il ricovero degli animali che erano ancora allo sbando.

La colonna sanitaria aeronautica funzionava come una fucina a ciclo continuo, visite mediche, medicinali, primo soccorso medico, ecc., fino a tarda notte.

Ci fu il problema di reperire una persona che sapesse saldare e sigillare le bare per i poveretti che giacevano morti accatastati in un piccolo cimitero.

Chiedemmo in giro e scoprimmo che un volontario della Camera del Lavoro di Crema (Lombardia) sapeva saldare tutto quello che era richiesto, erano giunti fin li spinti dalla solidarietà umana che si rivelò eccezionale in tutto il paese.

Lo accompagnammo nella sua triste e necessaria opera che si rivelò preziosa e di profonda umanità.

Nel mentre la macchina dei soccorsi aveva preso un certo regime e giunse anche un gruppo di volontari dell’Emilia Romagna che montò in un baleno una cucina ed una sala mensa, dove potersi finalmente sedere mentre si mangiava.

Generosi come la loro terra, i romagnoli stupirono tutti per la bontà, la qualità e l’abbondanza. Fu una vera fortuna, una vera grazia di Dio.

terremotoNon c’era collegamenti telefonici privati, ma individuammo alcuni operai dell’ex SIP di Avellino che avevano bisogno forse di una spinta calorica per ripristinare una linea telefonica; con una bottiglia di buon brandy “offerta generosamente” da una casa produttrice di liquori, riuscimmo nell’intento: una piccola baracca in legno da dove si poteva comunicare con il resto del mondo, anche grazie ad alcuni radioamatori.

Dopo la neve, il freddo, la fatica, giunse l’ordine di rientrare.

A Capodichino “i nostri” ci aspettavano in una tenda pronti con un piatto caldo ed un bicchiere di vino: il 15° aveva preso in mano la situazione che rende possibile sempre tenere unito tutto il personale.

Il Comandante di Stormo, fece letteralmente un balzo dalla sedia e ci venne incontro:

“ragazzi vi ringrazio, siete stati preziosi…ma siete anche dimagriti un bel po”, stringendoci la mano ad uno ad uno.

Avevo la barba lunga ed incolta, ero dimagrito cinque chili in soli dieci giorni, tutto sommato una bella cura da propagandare.

“Rientrate a Ciampino, andate a casa e riposatevi un poco; vi faremo sapere quando riprendere il servizio”.

Alla sera finalmente a casa; non riuscivo a dimenticare tutto quello che avevo vissuto in quei giorni; nel mio letto, con la mia famiglia, non riuscii a chiudere occhio tutta la notte.

Gustavo il caffè che al mattino mia moglie mi portava al letto alle 7 e 30, mentre mio figlio si era accucciato vicino a me nel mio letto, quando il telefono squillò:

“…ciao Toscano, sono Romanini, devi rientrare a Ciampino perché oggi sei di primo allarme…”

Mammajut

Una stella in più

Sierra Lima, Sierra Lima da Onda 1”.

“Avanti, Onda 1”.

“É scoppiato l’allarme”

La celebre terminologia utilizzata dal uno dei più famosi operatori BOC del 15°, (la cui pronuncia strisciata delle lettere “sc” ne stabilivano immediatamente l’origine campana) fa figurare in mente un evento disastroso, come l’esplosione di una bombola del gas o di una bomba. In effetti quale altro frase sarebbe riuscita a descrivere meglio gli eventi che nel giro di pochi secondi accadevano dopo la ricezione della telefonata da parte dell’RSC con la chiamata di “ESECUTIVO”?

Infatti, spesso, l’Esecutivo capitava, proprio come una bomba, nei momenti più inaspettati della tua giornata, in specie quando, senza i telefoni cellulari, eri reperibile o con una radio Motorola o il Teledrin della SIP. L’adrenalina allora schizzava su come quando si è sorpresi da un rumore inaspettato, ed interrompevi qualsiasi cosa stessi facendo per andare a prendere il casco e la borsa di navigazione. Anche se non avevi udito la campanella dall’allarme, non potevi non sentire l’equipaggio che correva giù per gli scalini metallici della scala interna dell’hangar ed i cui passi lo facevano tremare tutto.

E così, anche quella notte si ripeté la medesima scena e nel giro di pochi minuti ero già a bordo dell’HH con l’APU accesa a “copiare i dati della missione” via radio. Si trattava di prelevare una donna in Imminente Pericolo di Vita dal campo sportivo di Sora e trasportarla presso l’ospedale di Macerata. Il tempo non era dei migliori e non mi aspettavo di ricevere alcun task, tantomeno proprio quello che già dalla mattinata era stato “preallertato” ma per il quale, proprio per le avverse condizioni meteo, ne era stata negata la fattibilità.

Sapevo che c’erano temporali sparsi e, soprattutto, tanta nebbia che avrebbe reso difficile la localizzazione del luogo di atterraggio, in specie di notte. Ma il pensiero di quella donna, che da oltre 12 ore cercava un posto in ospedale, mi cancellò ogni esitazione:

“Andiamo. A Sora ci arriviamo di sicuro (ndr: conoscevo benissimo la zona in virtù della mia esperienza di volo come istruttore a Frosinone). Male che vada, dopo il decollo da Sora chiediamo un inserimento IFR e coordiniamo il trasporto fino all’aeroporto più vicino, Ancona Falconara”.

Il punto di atterraggio, sul campo di calcio di Sora, era illuminato dai fari di 4 autovetture poste sui corner e fui costretto a pianificare un atterraggio ripido non avendo la possibilità di vedere gli eventuali ostacoli nei dintorni.

Il successivo decollo, dopo aver imbarcato la paziente ed un’accompagnatrice (la figlia) avvenne non senza difficoltà. Mi accorsi del problema solo perché, “a naso”, non mi convinceva la prua che il mio copilota mi aveva fornito:

“Mhh… non è possibile ….. sei proprio sicuro?” – gli chiesi

“Certo”

“Guarda che non mi convince”

“Ma io ho la carta in mano e la mia gyro dice che devi andare a sinistra per 135”

“No, no…. Non è possibile….Se proseguiamo così sbattiamo contro questa parete” – gli dissi puntando il dito sulla su carta di navigazione.

“Comandante, ti dico che sono sicuro!!!”

“Aspetta una attimo” – gli dissi iniziando a fare una virata di 360° destra e vedendo, sott’occhio, la sua espressione indispettita per la mancanza di fiducia dimostrata.

“Guarda la tua gyro. Che valore indica?” – gli chiesi

“Cavolo!!! E’ bloccata!” – rispose.

Rimessi i breakers “dentro”, iniziammo la navigazione quando, dopo 20 minuti, l’Aiutante di Sanità mi chiamò per interfono:

“Capo! Quanto tempo ci vuole?”

“Una quarantina di minuti”

“Quaranta minuti? Guarda che questa non ce la fa!”

“Ma come non ce la fa? É da stamattina che cercano un posto in ospedale e non resiste altri quaranta minuti” – risposi.

“Capo. Qui la situazione sta precipitando. Ha rallentato il battito cardiaco e respira a fatica: ho appena detto alla figlia che noi stiamo facendo il possibile ma che ci hanno chiamato troppo tardi”.

“OK. Vado il più veloce possibile. Intanto contatto l’RSC per informarlo della situazione ed avere la conferma che tutti i coordinamenti per l’atterraggio in l’ospedale siano stati realizzati”.

“Albanè! Questa non ce le fa, non ce la fa!!…. Ma quanto ci vuole ancora?”

“Dai, falla resistere; mancano solo 15 minuti, dai, dai…”

“Capo. Mi dispiace. E’ morta. L’ho già detto alla figlia”

Ricordo quello come uno dei momenti più tristi della mia vita.

“Capo” – mi disse uno specialista – “Torniamo a Sora e vediamo se l’ambulanza è ancora là, così ci mettiamo d’accordo con l’autista…”

“Non se ne parla proprio”- lo interruppi.

“Proseguiamo la missione ma, non essendoci più l’urgenza, saliamo di quota, avvisiamo l’RSC e ci dirigiamo sull’aeroporto di Falconara”.

Macerata era comunque sulla rotta e, pertanto, decisi ugualmente di effettuare un sorvolo del luogo previsto dal task. Man mano che mi avvicinavo mi rendevo conto che le condizioni di visibilità degradavano costantemente tant’è che giunti sulle coordinate previste, la nebbia ricopriva il tutto e, anche se avessi voluto, sarebbe stato impossibile atterrare.

“Cosa avrei fatto se con la paziente ancora viva ma in fin di vita mi fossi accorto solo ora che il luogo di atterraggio era inutilizzabile? E se poi la paziente fosse morta dopo il fallito tentativo di atterraggio all’ospedale ma prima di quello su Falconara?”

Quando, giunti a Falconara, spensi i motori, il mio primo pensiero ed attenzione fù rivolto alla figlia della signora.

“Mi dispiace molto” – furono le uniche parole che riuscii a profferirle.

“Grazie. Capisco che voi avete fatto di tutto. Grazie”

Dopo circa un’ora, un carro funebre accompagnato da una lettera autorizzativa del magistrato, prelevava la salma e noi, qualche minuto dopo, eravamo già in volo di rientro per Ciampino.

Nessuno parlava.

Il cielo era stellato.

Ma quella sera nel cielo c’era una stella in più.

 

Antonio Albanese