Gente del Quindicesimo

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AFFETTI & EFFETTI
Seconda parte
di Antonio Toscano

É raro dappertutto, ma non al Quindicesimo.

Si deve saper cercare ed è difficile trovare, saperlo identificare, saperlo trattare.

É uno di quegli elementi per cui sembra che lo si trovi e poi invece si scopre che era qualcos’altro, parlo della stima, parlo dell’amicizia, parlo di qualcosa che per noi è fondamentale come l’aria che respiriamo, sempre più inquinata. Parlo di un qualcosa che nasce con noi stessi al momento del concepimento. Qualcosa che è insita nel nostro bagaglio genetico e che ci accompagna per la vita e forse oltre.

Caro Alfredo, sei volato via inaspettatamente, perché l’ultima volta che ci siamo visti eri in perfetta forma, così sempre elegante ed inappuntabile sotto tutti i punti di vista.

Al Quindicesimo noi ti abbiamo voluto sempre bene, ti abbiamo sentito vicino e partecipe al punto di condividere con noi molti dei nostri rischi quotidiani.

Hai di fatto scritto su di noi sul quotidiano dove hai lavorato per così lungo tempo (Alfredo Passarelli era cronista del quotidiano “Il Tempo”. NdR), hai fatto conoscere ad un pubblico spesso disattento che c’erano uomini che erano disposti a sacrifici riservati a pochi; hai scritto sull’opera dello Stormo e sul lavoro dei suoi uomini. Hai fatto tanto per noi modesti militari, come quel famoso articolo dove, al termine di una difficile missione di soccorso, l’ARS “bofonchiava” su una indennità che gli veniva negata nonostante una legge e che oggi viene, vivaddio, riconosciuta a tutti i nostri posteri.

Sei stato con noi e con noi abbattesti la recinzione di un campo sportivo, per permettere il sicuro decollo di un HH impiegato nel terremoto irpino dell’80.

Sei stato uno dei più prestigiosi soci di cui l’Associazione può vantarsi, un assiduo compagno dal quale abbiamo sempre avuto la sicura partecipazione.

Sono sicuro che nel novero delle tue innumerevoli esperienze, quella che hai vissuto con noi è stata la più vigorosa e genuina, così come mi dicesti la scorsa estate sulle rive del biondo Tevere. Sono sicuro che nel tuo cuore lo stemma del Quindicesimo è stampato col fuoco della passione, quella che travolge solo chi, come te, ha le semplici basi del sapersi riconoscere uomo tra gli uomini.

Uomo di nobile tempra, amico riservato, equilibrato e gentile, da questa lettera voglio farti sapere che sarai sempre con noi, nei nostri cuori, serbatoi di sangue e di passioni condivise.

Il nostro protocollo militare non ci consente di annoverarti fra i nostri “caduti” e quindi di onorarti come tale, ma noi ti onoreremo sempre come “amico”, nella forma che tu conosci benissimo, alzando il calice ogni qualvolta gridiamo il nostro:

MAMMAIUT