Gente del Quindicesimo

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Inversione termica
di Mario Sorino
 

La parte più difficile dell’intervento per il terremoto dell’Irpinia è fortunatamente passata. La prima settimana è stata veramente infernale. Pioggia ovunque e scarsa visibilità. Tanto scarsa che ci mancava pagassimo il pedaggio autostradale. Si, perché l’unica strada per andare ad Avellino, e poi sfociare nella valle del terremoto, era quella di seguire l’autostrada Napoli-Bari, guardando verso il basso piuttosto che avanti. Abbiamo sempre volato con le luci accese nella speranza di offrire ogni possibilità di essere visibili agli altri. La paura della collisione era veramente palpabile. Oggi, invece, la giornata è decisamente bella, con ottima visibilità.

MondaleDobbiamo seguire l’elicottero su cui si imbarcherà il Vice Presidente degli Stati Uniti, Walter Frederick Mondale, imbarcando la sua scorta ed un po’ di giornalisti. La destinazione è Sant’Angelo dei Lombardi, decollando da Capodichino.

Atterreremo a circa 2400 ft, nella zona predisposta al fianco dell’Ospedale, terribilmente distrutto dalla scossa del 23 novembre.

Con Ottavio Di Lorenzo, il Capo Equipaggio, compiliamo la TOLD per calcolare le prestazioni dell’HH3F. Abbiamo molto carico, 13 passeggeri, e dobbiamo atterrare, e quindi ridecollare, da 2400 ft di quota. Il volo sarà di breve durata, vista la distanza fra Capodichino e Sant’Angelo dei Lombardi. Stimiamo circa un’ora di volo in totale, quindi possiamo imbarcare poco carburante in considerazione dell’enorme peso da trasportare, 3200 libbre fra passeggeri e tre membri d’equipaggio.

Sono le 9 di mattina, decolliamo e dirigiamo verso l’Irpinia. Mi godo il panorama, anche se si tratta per lo più di zone piatte ed industriali, ma è sempre meglio di quello che incontreremo dopo Avellino. Da lì in poi ci sono solo macerie. Fa uno strano effetto sorvolarle. Non è come quando le vedi in televisione, passarci sopra ti mette a stretto contatto con l’enormità della disgrazia che ha coinvolto un’area così grande. Ricordo ancora la terrificante immagine del primo volo. Fu su Conza della Campania, l’epicentro del terremoto. Un paesino costruito sul cucuzzolo di una collina e totalmente distrutto. Mi diede l’impressione del castello di carte buttato giù da una mano crudele.

Ritorno al mio volo. Giungiamo a Sant’Angelo dei Lombardi ed individuiamo subito la zona dell’atterraggio, del resto ci siamo già stati altre volte. La piazzola non presenta ostacoli nelle vicinanze, è posta più in alto rispetto alle abitazioni che la circondano. Ottavio imposta l’avvicinamento lasciando in coda sulla destra l’ospedale e di fronte a noi ciò che resta del paese. Tocchiamo il suolo, arrestiamo il rotore, spegniamo i motori e facciamo scendere i passeggeri. Dovremo restare fermi circa un’ora e trenta, per cui ci sistemiamo comodi ed incominciamo a fumare per ingannare il tempo. Siamo fermi da circa 30’ quando arriva la notizia di un cambiamento di programma. Walter Frederick Mondale ha partecipato, durante la II Guerra Mondiale, alla campagna d’Italia ed il 9 settembre 1943 faceva parte delle truppe che presero parte all’Operazione Avalange, lo storico sbarco a Salerno, quindi desidera sorvolare quella zona, che per la precisione era la spiaggia di Paestum, ossia circa 15 NM a Sud di Salerno!

In sostanza se non rimbocchiamo con un po’ di carburante non ce la facciamo a fare il giro richiesto. Facciamo una botta di conti e decidiamo di aggiungere 400 libbre di carburante. Per fortuna nei pressi della piazzola sosta una nostra autobotte, quindi il problema del rifornimento è risolto.

Sono quasi le 11.00 quando ha termine la visita e la delegazione rientra agli elicotteri, il sole è ben alto sull’orizzonte. Mondale si imbarca sull’SH3D del 31° Stormo, che decolla e dirige verso Paestum.

Ora tocca a noi decollare. Abbiamo imbarcato tutti i passeggeri, che sono sistemati e legati. Motori in moto, rotore ingaggiato ci predisponiamo per il decollo. Ottavio mette in hovering l’elicottero, mentre io ho la mano destra sugli speed selector spinti tutti avanti.

Stabilizzato l’elicottero in hovering, Ottavio sposta in avanti il ciclico, per far avanzare l’elicottero, e contemporaneamente applica potenza con il collettivo, portando il torque al 110% di coppia applicata.

Il grosso elicottero lentamente inizia a muoversi in avanti accennando ad un appena percettibile incremento di quota, però appena esce dalla piazzola e perde l’effetto suolo sprofonda immediatamente.

Adesso siamo alla stessa quota degli ostacoli, rappresentati dai resti delle case!!

Di fronte a noi si profila una casa, ad una distanza di circa 100 metri!!

Lascio immediatamente gli speed selector e do una manata alla leva del carrello. Bisogna farlo rientrare subito perché è una propaggine che si estende pericolosamente sotto la nostra pancia.

Già mi prefiguro la dinamica dell’impatto con la costruzione che si profila innanzi a noi!!!!

Poi, con una lentezza indescrivibile, l’elicottero acquista velocità e con essa aumenta la quota. Sembra quasi che il grosso pellicano galleggi oscillando a destra e a manca e così facendo guadagna un metro di quota dopo l’altro. Quando ci approssimiamo all’ostacolo siamo saliti a quota di sicurezza e, anche grazie ad una decisa “sfettonata” verso destra di Ottavio, sorvoliamo i resti della costruzione a pochi metri d’altezza, ma quanto basta per uscire finalmente dall’apnea che ci aveva bloccato il respiro.

Do un pizzicotto così violento alla guancia di Ottavio, mentre gli urlo “bravo”, che quasi gliela stacco. Ottavio, teso né più e né meno come me, si rivolge verso di me urlandomi “e cos’altro dovevo fare?” Sono frasi e parole dettate esclusivamente dallo scarico della tensione, che è stata altissima.

Ormai la condotta del volo è stata ripristinata nella sua massima tranquillità. Continuiamo il giro, seguendo l’elicottero che trasporta Mondale e ci godiamo la vista dei meravigliosi templi di Paestum.

Poi l’arrivo e Capodichino e, con lo sbarco dei passeggeri, il termine della missione.

Ma ovviamente la missione non può terminare con l’arresto del rotore e dei motori.

C’è da analizzare l’accaduto per far tesoro dell’esperienza e trasferirla anche agli altri piloti.

La mattina, prima del decollo, avevamo effettuato i calcoli sulla base dei dati standard. Nota la temperatura a Capodichino, quella a Sant’Angelo dei Lombardi sarebbe stata di 5°C inferiore (visto che la stessa decresce di 2°C per ogni 1000 ft di quota). Questo era risultato l’errore principale per due motivi: il primo è che in quel giorno (appurato presso l’Ufficio meteo) si era verificata una inversione termica, ossia con l’aumentare della quota non c’era una diminuzione della temperatura, bensì un aumento; il secondo che il decollo da Sant’Angelo dei Lombardi alle ore 11.00, in una giornata particolarmente soleggiata, aveva portato ad un ulteriore, anche se contenuto, aumento della temperatura.

In buona sostanza la temperatura dell’aria al momento del decollo da Sant’Angelo dei Lombardi era superiore a quella che avevamo stimato. Ciò aveva portato ad una riduzione della potenza disponibile rispetto a quella necessaria ad impostare un corretto decollo. E ciò ci aveva ingannato al punto di ritenere accettabile rifornire di ulteriori 400 libbre di carburante per seguire le modifiche apportate al volo pre-pianificato, appesantendo così l’elicottero già di per se carico in ragione del sostanzioso numero di passeggeri trasportati. Inoltre fra questi spiccavano le guardie del corpo del Vice Presidente che, con la loro considerevole stazza, erano ben al di sopra delle 200 libbre standard calcolate per ogni passeggero.

Ripensando all’evento mi venne in mente che un’analoga circostanza si era verificata nel decollo da una piazzola (credo durante il terremoto del Friuli) per un elicottero bipala (AB204 oppure AB205). In quel caso l’elicottero aveva perso l’effetto suolo ed era sprofondato prima ancor che tutto uscisse dalla piazzola, con il risultato che la coda aveva impattato la piazzola stessa provocando uno spaventoso incidente. Noi abbiamo avuto la fortuna, come si dice in gergo, “di poterla raccontare” i nostri sfortunati colleghi no!

 

Una stella in più

Sierra Lima, Sierra Lima da Onda 1”.

“Avanti, Onda 1”.

“É scoppiato l’allarme”

La celebre terminologia utilizzata dal uno dei più famosi operatori BOC del 15°, (la cui pronuncia strisciata delle lettere “sc” ne stabilivano immediatamente l’origine campana) fa figurare in mente un evento disastroso, come l’esplosione di una bombola del gas o di una bomba. In effetti quale altro frase sarebbe riuscita a descrivere meglio gli eventi che nel giro di pochi secondi accadevano dopo la ricezione della telefonata da parte dell’RSC con la chiamata di “ESECUTIVO”?

Infatti, spesso, l’Esecutivo capitava, proprio come una bomba, nei momenti più inaspettati della tua giornata, in specie quando, senza i telefoni cellulari, eri reperibile o con una radio Motorola o il Teledrin della SIP. L’adrenalina allora schizzava su come quando si è sorpresi da un rumore inaspettato, ed interrompevi qualsiasi cosa stessi facendo per andare a prendere il casco e la borsa di navigazione. Anche se non avevi udito la campanella dall’allarme, non potevi non sentire l’equipaggio che correva giù per gli scalini metallici della scala interna dell’hangar ed i cui passi lo facevano tremare tutto.

E così, anche quella notte si ripeté la medesima scena e nel giro di pochi minuti ero già a bordo dell’HH con l’APU accesa a “copiare i dati della missione” via radio. Si trattava di prelevare una donna in Imminente Pericolo di Vita dal campo sportivo di Sora e trasportarla presso l’ospedale di Macerata. Il tempo non era dei migliori e non mi aspettavo di ricevere alcun task, tantomeno proprio quello che già dalla mattinata era stato “preallertato” ma per il quale, proprio per le avverse condizioni meteo, ne era stata negata la fattibilità.

Sapevo che c’erano temporali sparsi e, soprattutto, tanta nebbia che avrebbe reso difficile la localizzazione del luogo di atterraggio, in specie di notte. Ma il pensiero di quella donna, che da oltre 12 ore cercava un posto in ospedale, mi cancellò ogni esitazione:

“Andiamo. A Sora ci arriviamo di sicuro (ndr: conoscevo benissimo la zona in virtù della mia esperienza di volo come istruttore a Frosinone). Male che vada, dopo il decollo da Sora chiediamo un inserimento IFR e coordiniamo il trasporto fino all’aeroporto più vicino, Ancona Falconara”.

Il punto di atterraggio, sul campo di calcio di Sora, era illuminato dai fari di 4 autovetture poste sui corner e fui costretto a pianificare un atterraggio ripido non avendo la possibilità di vedere gli eventuali ostacoli nei dintorni.

Il successivo decollo, dopo aver imbarcato la paziente ed un’accompagnatrice (la figlia) avvenne non senza difficoltà. Mi accorsi del problema solo perché, “a naso”, non mi convinceva la prua che il mio copilota mi aveva fornito:

“Mhh… non è possibile ….. sei proprio sicuro?” – gli chiesi

“Certo”

“Guarda che non mi convince”

“Ma io ho la carta in mano e la mia gyro dice che devi andare a sinistra per 135”

“No, no…. Non è possibile….Se proseguiamo così sbattiamo contro questa parete” – gli dissi puntando il dito sulla su carta di navigazione.

“Comandante, ti dico che sono sicuro!!!”

“Aspetta una attimo” – gli dissi iniziando a fare una virata di 360° destra e vedendo, sott’occhio, la sua espressione indispettita per la mancanza di fiducia dimostrata.

“Guarda la tua gyro. Che valore indica?” – gli chiesi

“Cavolo!!! E’ bloccata!” – rispose.

Rimessi i breakers “dentro”, iniziammo la navigazione quando, dopo 20 minuti, l’Aiutante di Sanità mi chiamò per interfono:

“Capo! Quanto tempo ci vuole?”

“Una quarantina di minuti”

“Quaranta minuti? Guarda che questa non ce la fa!”

“Ma come non ce la fa? É da stamattina che cercano un posto in ospedale e non resiste altri quaranta minuti” – risposi.

“Capo. Qui la situazione sta precipitando. Ha rallentato il battito cardiaco e respira a fatica: ho appena detto alla figlia che noi stiamo facendo il possibile ma che ci hanno chiamato troppo tardi”.

“OK. Vado il più veloce possibile. Intanto contatto l’RSC per informarlo della situazione ed avere la conferma che tutti i coordinamenti per l’atterraggio in l’ospedale siano stati realizzati”.

“Albanè! Questa non ce le fa, non ce la fa!!…. Ma quanto ci vuole ancora?”

“Dai, falla resistere; mancano solo 15 minuti, dai, dai…”

“Capo. Mi dispiace. E’ morta. L’ho già detto alla figlia”

Ricordo quello come uno dei momenti più tristi della mia vita.

“Capo” – mi disse uno specialista – “Torniamo a Sora e vediamo se l’ambulanza è ancora là, così ci mettiamo d’accordo con l’autista…”

“Non se ne parla proprio”- lo interruppi.

“Proseguiamo la missione ma, non essendoci più l’urgenza, saliamo di quota, avvisiamo l’RSC e ci dirigiamo sull’aeroporto di Falconara”.

Macerata era comunque sulla rotta e, pertanto, decisi ugualmente di effettuare un sorvolo del luogo previsto dal task. Man mano che mi avvicinavo mi rendevo conto che le condizioni di visibilità degradavano costantemente tant’è che giunti sulle coordinate previste, la nebbia ricopriva il tutto e, anche se avessi voluto, sarebbe stato impossibile atterrare.

“Cosa avrei fatto se con la paziente ancora viva ma in fin di vita mi fossi accorto solo ora che il luogo di atterraggio era inutilizzabile? E se poi la paziente fosse morta dopo il fallito tentativo di atterraggio all’ospedale ma prima di quello su Falconara?”

Quando, giunti a Falconara, spensi i motori, il mio primo pensiero ed attenzione fù rivolto alla figlia della signora.

“Mi dispiace molto” – furono le uniche parole che riuscii a profferirle.

“Grazie. Capisco che voi avete fatto di tutto. Grazie”

Dopo circa un’ora, un carro funebre accompagnato da una lettera autorizzativa del magistrato, prelevava la salma e noi, qualche minuto dopo, eravamo già in volo di rientro per Ciampino.

Nessuno parlava.

Il cielo era stellato.

Ma quella sera nel cielo c’era una stella in più.

 

Antonio Albanese

LA VERSIONE DEI FATTI
di Antonio Toscano

Torneo aeroportuale di calcio in quel di Ciampino: “avemo dato botte a tutti!!! Sempre!!!” Le coppe dovrebbero essere ancora custodite presso il baretto dell’85° a testimonianza e futura memoria per i posteri.

Al caro Antonello da Messina, ora pelato come una biglia, dedico la precisazione.

4 - giugno 1982thumbGino Petrucci era un ottimo tornante, allenato e ben strutturato; Totonno, veterano di mille tornei, nonché ex calciatore di serie superiore (mica cotica!!!) era tanto allenato che andava e veniva dal campo di corsa, prima e dopo la partita ed il mattino dopo si faceva un giro-aeroportuale di corsa, tanto per disintossicare… 

In porta “spillo” Ivaldi ed in difesa due rocce come Bernardini, ora Comandante Air Lauda ed il granitico Bugliara.

La squadra era talmente seguita che ci fu una spesa straordinaria per le magliette color arancione con tanto di stemma e custode fu nominato un nostro “apprendista maestro” Claudio Milana, classico terzino sinistro con licenza di offendere, in senso calcistico.

Era seguita con fans e supporters, primo fra tutti il giustappunto Andrea Menna, con giro vita da egregio, baffi spioventi e chioma sulfurea, detto “paccaras” dal suo posteriore in evidenza.

Ad una partita, sempre con il rivale Telegruppo, il mitico capo supporters Fascetti, allorché fecero un fallo cattivello nei confronti di Claudio Milana, diede voce alla massa con un: “Quindicesimo all’attacco” e ne scaturì un parapiglia tra opposte fazioni, poi fortunatamente sedate. Quelli del Quindicesimo si riversarono in campo e dispersero la sparuta rappresentanza della tifoseria avversaria, seminando terrore con una carica degna della presa di Sebastopoli.

Non solo, ma in campo, tornata la calma e la ragione, vincemmo con un rotondo 3 a 0, con reti di Antonio Iannone (di testa su cross perfetto di Albanese); Antonello Albanese (su assist del solito Totonno, ovvero lancio da 40 metri e contropiede a velocità del suono) e rete di chiusura su punizione dal limite del nostro “civile in campo”, tale operario dipendente dell’innominato Concas.

Gigino “carognone” Ancora, all’asciutto di gol, la sera ci deliziò la cena con una delle migliori imitazioni di un cantautore che andava per la maggiore, intonando per tutti i convenuti alla cena di gruppo in hangar, la mitica “Frida”.

Questi i fatti di quella giornata, con carica d’assalto, vittoria sonante e cena delle beffe in hangar.

Ci furono invero altri eventi ed altre vittorie e, con l’avvento di nuova linfa, in un giorno dove stavamo stracciando il solito Telegruppo, in un’azione di contropiede, toccato da un avversario, mi lussai la rotula del ginocchio destro.

Fu una ulteriore avvisaglia che forse dovevo smettere di giocare al pallone.

Mi visitò il compianto Dott. Ziaco, medico sociale della Lazio, che mi disse testualmente: “a regà, tu stai inguaiato, i legamenti sono andati e chissà se si recupera qualcosa…ma che devi fa ancora la promessa del calcio? Datte al tennis o al nuoto, ma lascia stare il pallone, i rischi sono tanti” e non mi operò.

Fine del gioco.

Ma la coccia dura ha prevalso sul consiglio medico, così ho continuato a giocare evitando ogni contrasto e, in una partitella in Somalia (1994) le abbiamo suonate anche ai Pakistani; duri come il legno stagionato che non tiravano mai indietro la gamba, ma avevano a che fare con il Quindicesimo, e soprattutto con Fabio Bernardini, che ad ogni contrasto in area di rigore, ne faceva volare tre alla volta.

Cari posteri, non era mica solo il gioco del pallone, era la voglia e la determinazione che mettevamo in ogni cosa che facevamo.

Una stagione della vita da incorniciare, in ogni cosa che vedeva coinvolto lo Stormo, vi era una mobilitazione generale, ogni volta una chiamata a far bene le cose che facevamo.

Della serie “mo te gonfio” le abbiamo suonate a colpi di gol; della serie “guadagnamose la pagnotta” abbiamo volato laddove per tutti era impossibile, laddove ogni volta qualcuno tentava di arrivare e dove, invece, arrivavamo sempre e solo noi, portando allo Stormo il prestigio dei risultati evidenti.

Una comunicazione per i miscredenti: andarsi a leggere i risultati delle operazioni reali effettuate negli anni dal 1980 al 1994, in Italia ed all’estero. Fatti e non ipotesi, conclusioni tangibili di uno spirito che non s’arrestava mai, anzi, sapete cosa vi dico? Che a distanza di anni, se venisse chiamato in servizio un componente di quella fucina, mettiamo Menna Andrea specialista con panza, baffi e giro vita da egregio, saprebbe dove mettere le mani perché la sua competenza non si è sopita così come entusiasmo ed amore per la premiata Ditta Quindicesimo.

Non possiamo dire la stessa cosa per il gioco del calcio, perché molti di noi hanno appeso al tirannico chiodo gli scarpini, ma in fatto di amore e per amore dello Stormo, se ci date un poco di tempo ci alleniamo e non è detto che non si possa ancora vincere.

Per vincere ci vuole lo spirito adeguato, così come per lo Stormo ci vuole sempre la ri-generazione, se si appisola, svegliatela!!!

É vero che “ co’ sti chiari di luna” è difficile andare avanti, ma coraggio ragazzi, “ADDA PASSA’ A NUTTATA”

Mammajut

 

 


Mammajut